Il Gruppo Vocale Terzo Suono, fin dalle sue origini, ha sempre avuto un’attitudine alle performances di confine tra il coro e il teatro. Riteniamo infatti che il coinvolgimento degli spettatori durante le esibizioni debba essere completo.
Nel sentire comune il coro e l’esibizione corale in particolare sono spesso associati ad una patina di alterigia e di scarsa empatia. Per tale motivo, quando possibile, abbiamo sempre cercato di unire all’esibizione vocale il racconto di storie legate al luogo della nostra esibizione, movimenti, “messe in scena” con il supporto di attori, danzatori e musicisti, ma anche attività multimediali, con proiezione di immagini e video.
Insomma, per noi “fare coro” vuol dire “co-involgere” il pubblico, nel senso etimologico del termine, travolgere, avvolgere, trascinare; non soltanto quindi con la voce, ma anche con gli altri sensi per rendere globale la partecipazione degli spettatori.
Dietro ad ogni esibizione c’è un messaggio ed un sottotesto che vorremmo arrivasse a chi ci viene ad ascoltare. Spesso riguarda temi importanti come quello dei diritti umani, della salute del pianeta, della pace; altre volte tentiamo di trasmettere emozioni in grado di richiamare alla mente ricordi collettivi.
La nostra idea di Teatro-coro ha trovato espressione compiuta, affinatasi nel corso degli anni, nel “Canto dell’Eco” che è un progetto nel quale tutto quanto sopra descritto prende forma. Attraverso il canto si richiamano alla memoria le suggestioni, le leggende, i ricordi legati aal luogo dell’esibizione con il coinvolgimento anche fisico del pubblico.
Questa vocazione alla contaminazione di teatro e coro nasce dalle esperienze teatrali del giovane maestro Giovanni che ha insegnato a trasformare lo “spazio” del coro, oltre che come luogo fisico in cui cantiamo, anche come “spazio dell’immaginazione” in cui brano dopo brano, vengono creati i confini.